Forme e Funzioni

Claudia Lorenzetti legge gli interventi

Elisabetta Costantini presenta Forme e Funzioni

Luigi Pasqua, detto Lupo, mentre ci aiuta a allestire Forme e Funzioni

L’artista che non c’è (in parte)

Interventi e Opere


Installazione di Fausto Olmelli con due sculture di Pier Luigi Robiati

25 novembre 2011

Questi gli interventi e le opere del primo evento di “Esperimenti d’arte” “Forme e funzioni”:
NODI E BOZZETTI
Quando ho visto il bozzetto della scultura di Pier Luigi, mi sono ritrovato di fronte a un’opera compiuta, finita, una scultura di cartone. Questo mi ha fatto venire in mente le copertine dei libri e l’associazione è stata subito con la sala dove si svolge “Forme e funzioni”. Perché è il sottobottega di una libreria. Così ho chiesto a Pier Luigi di costruirmi lo stesso bozzetto della scultura con la copertina del libro di Matteo, “Vecchi nodi”.
Questo mi ha permesso di unire con “L’artista che non c’è” i loro mondi al mio. E ho pensato che questa fusione potesse avere anche altri scopi: come punto d’incontro di diverse espressioni artistiche e uno scopo divulgativo per pubblicizzare i libri e la scultura di Pier Luigi. Ma in questo caso l’aspetto pubblicitario del prodotto è profondamente libero da logiche di mercato: nessuno me l’ha chiesto, nessuno me l’ha commissionato e io proponendolo non ne traggo alcun ricavo se non il ritorno emotivo dato dall’amore e dalla passione con cui ho ideato “L’artista che non c’è”.

Fausto Olmelli

Dalla “scatola” al BUS – Building Universal System

“Il destino mescola le carte e noi giochiamo.”
A. Schopenhauer

Se le forme sono le “apparenze” di Platone e discendono da un iperuranio che contiene già tutte le cose, allora il divenire del mondo non è altro che il divenire delle forme.
Esperimenti d’arte. Forme e funzioni è la fabbrica delle forme e noi siamo gli operai che con l’arte e la tecnica, spesso felicemente insieme, lavorano sulle forme dell’anima e su quelle dei corpi.
Tra le forme geometriche che Platone considerava perfette, il cubo è stato da sempre un mio oggetto di contemplazione e ho sempre pensato che si trovasse al centro di un fortunato connubio tra arte e tecnica, tra qualità ideali e proprietà materiali.
Il cubo rappresenta le tre dimensioni sia in astratto sia negli oggetti della vita concreta.
La “scatola” nasce da un problema di geometria che si proponeva di costruire un cubo rispettandone la purezza della simmetria e che avevo posto in questi termini:
Condizioni costruttive minime;
• Elementi tutti identici;
• Assemblaggio esclusivamente
ad incastro.
Ci sono riuscito dopo trenta anni, e non ho il minimo ricordo di come sia avvenuto.
Mi sembra un buon esempio di come vanno le cose!
Dalla soluzione iniziale ne sono scaturite altre che, ricomposte in un corpo articolato, si sono rivelate un sistema costruttivo universale di ampia applicabilità industriale e capace di segnare un passo significativo nell’evoluzione tecnologica.
Il mio ringraziamento va a Fausto Olmelli che di queste cose ha colto tutto il senso, non escluso quello di vedere nella “scatola” un emblema della poliedricità della sua forme e funzioni.

Giuseppe Masci

Piccoli esempi di scatole
 

SCULTORE
la scultura è il corpo
è il seno di tua madre
è la materia
è il piano e la superficie
è la sensazione tattile
è il peso e l’equilibrio
è forza e delicatezza
è la terra e gli alberi
è dare forma al pensiero
è il pensiero della forma
è costrizione
è geometria
è la bellezza dei corpi
è la sfida contro il tempo e lo spazio
è una scatola

Pier Luigi Robiati

“Scrivania” di Pier Luigi Robiati

“Ogni uomo è un artista”
 Joseph Beuys

FALEGNAMERIA

Mi sono posto nei confronti di questa committenza da parte dell’”artista che non c’è”   come artigiano, imprenditore e artista. Come artigiano (homo faber), ricevute tutte le specifiche del progetto da parte di Giuseppe Masci, ho realizzato la scatola, constatandone la scarsa economicità, mentre, da imprenditore, posso dire che una realizzazione con un sistema costruttivo sviluppato su scala industriale ne abbatterebbe i costi di produzione e potrebbe offrire delle soluzioni vantaggiose dal punto di vista produttivo.
Come artigiano mi ritrovo un oggetto che nella sua ideazione e realizzazione mi ha dato la possibilità di ripensarmi artista, artigiano che fa arte, e ne gioisce. Con questo stato d’animo ho ideato delle fantasiose ipotesi di utilizzo della scatola, considerandone le molteplici possibilità di funzione, non necessariamente legate al modello costruttivo brevettato, ma ispirate dalla forma della scatola, contenuto e contenitore.
Da qui nasce lo spunto per pensare ad una cabina, come contenitore di memorie, come luogo fisico amplificatore di emozioni, in cui fermarsi ad ascoltare e ad ascoltarsi, ritrovandosi artista.

Giuseppe Uccello

I disegni sull’utilizzo fantasioso della scatola di Giuseppe Masci.

Sul tavolo esempi di scatole.

 

SPETTATORI SOLITARI

Ve la ricordate la famiglia riunita sul divano di casa davanti alla tv? L’eccitazione di me bambina, saliva alle prime note della sigla, era il culmine di una aspettativa che durava da giorni. Poi il programma: un varietà, uno sceneggiato o un documentario. La magia degli ultimi attimi prima dell’inizio del programma. Poi non veniva la delusione, no, la magia si attenuava per lasciare spazio al godimento, alle risate, alla partecipazione drammatica, all’interesse o alla curiosità della scoperta. Ricerco quei momenti, la capacità di stupirsi, l’attesa e il rapimento. Sì spettatore, ancora e sempre spettatore ma meno passivo, coinvolto emotivamente.
Ecco, uno schermo, delle immagini e delle parole in una cabina. E una riflessione sulla visione dello schermo. Un gioco degli specchi.
Siamo spettatori, storicamente, sociologicamente, intrinsecamente spettatori. Spettatori soli di fronte uno spettacolo. Bloccati nella pubblicità fra il primo e il secondo tempo.

Elisabetta Costantini

All’interno della cabina una installazione/citazione di una performance di Joseph Beuys, di Fausto Olmelli. Con una illustrazione di Francesca Murino
Joseph Beuys (1921-1986) è uno dei portavoce più rappresentativi delle correnti concettuali nell’Arte della seconda metà del Novecento.
L’uomo sembra pretendere di creare la sua realtà, manipolando il suo ambiente naturale, non convivendo con questo destino ma dominandolo, creando un mondo falso nel quale vivere, che diviene la follia propria dell’uomo moderno.
Joseph Beuys, è uno degli artisti più importanti del XX secolo, ma è anche un artista la cui complessità ne rende “sconcertante” l’approccio dei neofiti.
Per un estraneo all’arte le sue opere appaiono intrise di mistero e cripticismo ma la contemplazione induce a riflettere.
Il televisore e i guantoni sono una citazione a “Filz TV”. Su youtube “FILZ TV – JOSEPH BEUYS 1970”


LIVIO

La mia esperienza professionale mi ha portato a fare foto per la moda e non solo, mi ha anche portato in un’altra città, Milano, lontano da Roma, la città dove sono cresciuto. Questa non è solo una premessa biografica, ma soprattutto la spiegazione di un incipit alle fotografie che mi ha chiesto Fausto. La persona rappresentata nelle foto è Livio, uno che di mestiere fa il pittore, l’artista. Ha lo studio accanto al mio. Queste foto nascono dalla riflessione sul fatto che dopo tanti anni di foto pubblicitarie e patinate mi guardo attorno e vedo una città e un paese saturo di immagini.
Le persone rappresentate non sono più persone, non le guardiamo più negli occhi e loro certo non ci guardano. Livio ha una faccia normale, anzi è un anziano, che usa gli occhi, la mente e il cuore per svolgere il suo lavoro. Ho trattato l’immagine di questa faccia “vissuta” con una tecnica raffinata, su sfondo bianco. Una tecnica, per capirci, altamente professionale. Ma ho chiesto a Livio di chiudere gli occhi, di non guardarmi, di non guardarci. Perché credo che questa immagine rispetto a mille altre che ho fotografato provochi nello spettatore una domanda, dei dubbi, una provocazione. Perché questo uomo non ci guarda?

Antonio Calabrese

LA LINEA ROSSA

Mobili-scatola, dentro camere-scatola, dentro case-scatola dentro città di scatole, l’architettura nasce scatola.
Le sei pareti sono il fondo bianco della nostra esistenza, il nostro utero, la città di scatole è il nostro labirinto. Nella città degli uomini esistono solo percorsi fra e dentro delle scatole.
Fra le scatole la linea rossa è il loro contrario, le fonde, le ingloba e le trasforma in altro, è  il codice organico che penetra la matrice e il modulo della città antica, trovandovi rinascita e convivenza. Attraverso forma e colore si proiettano così lo slancio, la forza e l’ambizione.

Sandra Deiana

Lo scrittore Matteo Martone legge il suo brano

COME NAUFRAGO

Come naufrago
Come in mare aperto durante una tempesta, il naufrago caduto in acqua guarda con spavento la sua
nave allontanarsi in preda al vento senza più timoniere, scarrocciare e piegarsi tra le onde paurose,
così vedo ogni mia certezza e conforto allontanarsi da me in questo momento della mia vita, come
una nave che finora mi ha condotto e protetto dai suoi rovesci.
Fino ad oggi ho creduto che valori e convinzioni potessero farmi da scafo sicuro per attraversarla
tutta, ma dopo esser caduto più volte e più volte issatomi ancora a bordo lassù con fatica, nella
pancia della mia nave, rimango di fronte a quest’ultima rovina precipitato senza scampo, senza
forza per issarmi ancora a bordo. E resto in mare, a fissarla, allontanarsi ormai senza di me.
Eppure non voglio morire. Non riesco a lasciarmi andare, annegare, a lasciar fare al mondo di me
ciò voglia. Voglio vivere ancora. Anche col minimo sforzo vista la vanità di tutti i massimi fatti
finora. Ma vivere ancora.
Allora cerco tra i flutti un motivo che possa tenermi a galla. Che mi sostenga, in cui credere ancora.
Penso all’amicizia: la scarto. All’amore: lo scarto. Penso a mia madre e a mio padre: li scarto
entrambi. Penso al mio unico figlio: ed ecco finalmente l’estremo motivo per vivere ancora: non
essere causa del suo supremo dolore e di tutta la fragilità che ne deriverebbe gravando sul resto
della sua intera vita. E dunque, trovato il motivo, ora devo trovare lo strumento: la zattera, il legno
che mi tenga a galla tra i flutti terribili di questi ultimi giorni.
La verità. Ecco. Ho trovato.
L’unica cosa che possa tenermi ancora in vita, è questa. Anche nella confusione, la verità sarà la
mia guida. Anche amara, crudele, inappellabile. Cercherò solo quella, dirò solo quella, vivrò
coerentemente solo a quella. La verità. La userò come scudo, come lancia; la abiterò come una casa.
Finché incarnerò la verità, sarò salvo; anche con il mondo intero contro, contro i fratelli, contro la
donna che dice di amarmi, contro mia madre. La verità mi renderà libero e invulnerabile e mi farà
sopravvivere. Nella povertà sarà la mia ricchezza; nella solitudine, mia compagna. Senza casa,
potrò abitarla. Purché io riesca a scovarla, ascoltarla, dirmela, raccontarla, sarò salvo.
Eccola dunque, vi racconterò la mia verità.

Matteo Martone


ANABASI III

Il lavoro nasce da un’ispirazione di un quadro del M° Fausto Olmelli, utilizzato dall’artista come sintesi pittorica per trasmettermi l’essenza della manifestazione “L’artista che non c’è”.
Del quadro mi hanno suggestionato il ritmo dei colori utilizzati, le aperture di finestre quadrate che vivono ad “altra velocità” rispetto allo sfondo, dove l’occhio si sofferma ed indugia, la persistenza di tali forme quadrate che sembrano concretizzare il panorama astratto. Tale contesto pittorico mi ha permesso di utilizzare parzialmente del materiale musicale composto tempo addietro ed articolarlo in un percorso percettivo che principiando dalla sospensione temporale, si concretizza gradualmente in un prepotente ostinato ritmico, per poi dissolversi in una schiuma. Grazie Fausto!

Riccardo Santoboni

Bozzetto di Fausto Olmelli
Marco si scalda prima dell’esibizione

IN-CU-BO

Il titolo della mia performance è nato a tavola, dalle parole di un amico di Fausto che dopo aver ascoltato le chiacchiere sulla futura performance e aver visto il cubo della scena ha detto “incubo!”.
Anche la mia presenza qui è il frutto di un altro incontro fortuito: una amica di Fausto ha visto un mio spettacolo e ne ha parlato con lui.
Fausto mi ha fatto ascoltare il pezzo musicale del maestro Santoboni, chiedendomi se mi sarebbe piaciuto interpretarlo. Così nasce la mia performance, appunto, dall’ascolto della musica e dalle suggestioni che mi ha provocato. Un cubo: entrarci dentro, uscire, girarci intorno, oppure starne fuori.

Marco Ubaldi

Video della serata