
Sarnano Contemporanea
SUL VERSANTE ORIENTALE DEI MONTI SIBILLINI: SARNANO DENTRO E FUORI
"L’arte così come la vita, è un’esperienza dinamica e sociale, è movimento e trasforma il mondo.”

“Sarnano dentro e fuori” è stato un evento di arte contemporanea, pubblica e sociale. Si è tenuto a Sarnano in provincia di Macerata la sera del 6 agosto 2020 dalle 21.30.
Il progetto nasce dalla “scultura sociale” dell’artista tedesco Joseph Beuys dal titolo “7.000 querce”. Al centro di questa esperienza performativa c’è infatti l’Albero con i suoi molteplici rimandi culturali e sociali. Tutti i cittadini di Sarnano sono stati invitati a fare delle foto a degli alberi, foto che sono state proiettate in forma di video durante la serata. Tutta la preparazione dell’evento è stato l’evento stesso.
“Ogni uomo è un artista” diceva Joseph Beuys e questo progetto d’arte contemporanea cerca di stimolare le potenzialità di ogni persona.
L’evento è Arte pubblica, infatti era gratuito e patrocinato dal Comune di Sarnano. È Arte sociale perché è arte pensata e costruita dalle persone del “versante orientale dei Monti Sibillini”, e le coinvolge con un intento sociale e di socialità. È Arte contemporanea avendo una solida struttura concettuale ed essendo strettamente legata a uno spazio. Lo spazio è il borgo di Sarnano, un luogo quotidianamente vissuto con altre finalità che per una sera è stata parte integrante di un progetto artistico.
La serata del 6 agosto ha permesso di vivere il centro del paese dal Loggiato di via Roma a Piazza della Picassera in modo condiviso, infatti si è iniziato da tre dipinti di grande formato costruiti per l'evento stesso; seguendo un percorso il pubblico è arrivato a Piazza della Picassera dove è stato proiettato il video con le foto scattate dai cittadini sarnanesi. Queste foto hanno dato la possibilità al violinista Valentino Alessandrini di esibirsi, interpretando le suggestioni della serata.
L’ideatore è stato l’artista Fausto Olmelli, la curatrice Alessandra Mazzetti, l’organizzatrice Martina Vallesi.
Tutto si può far risalire al 15 aprile 2020 quando, in pieno lockdown da pandemia, Fausto ha chiesto a Marco di fare delle foto agli alberi di Sarnano, l’intento poi era di lavorare su queste foto anche con il suo aiuto ideativo e tecnico.
Dopo poco, cercando un gruppo che potesse condividere l’iniziativa e sposarla, Fausto ha avuto una serie di incontri con un gruppo locale di aspiranti fotografi. Durante questi incontri ha cercato di spiegare la sua poetica e il significato di Arte pubblica e sociale a delle persone digiune di storia dell’arte e di certi concetti. Per favorire non solo la comprensione ma anche la loro partecipazione attiva all’evento, sono stati realizzati dei laboratori artistici, il cui scopo era quello di creare un gruppo più o meno coeso che condividesse certi principi e avesse voglia di realizzare la serata: “Sarnano dentro e fuori”. Anzi, come accennato, tutta la costruzione, con tutti i laboratori, sia quelli con gli adulti che quelli con i bambini sono stati l’evento: “Sarnano dentro e fuori””.
Nel 1° laboratorio Fausto ha invitato le persone che volevano a fotografare dei particolari di 5 suoi quadri, una serie con una sua poetica dal titolo “Svelate”. L’intento era quello di conoscersi e di non avere soggezione dell’”Artista”, ma anzi di giocare con le sue opere, di scomporle e di farle proprie col mezzo a loro più congeniale cioè la fotografia.
Nel 2° laboratorio i partecipanti hanno fatto dei segni in assoluta libertà su un
grande foglio con tempere e pastelli del tipo e del colore che volevano, quindi hanno ideato una storia partire da quei segni. Elisabetta Costantini ha riportato il tutto, descrivendo quello che, a suo parere, era successo nel laboratorio. Il gruppo si è ritrovato più coeso proprio perché anche la loro storia collettiva, inventata a partire dai segni, era sull’unità del gruppo.
Nel 3° laboratorio è stata montata una piccola tenda canadese nello studio di Fausto Olmelli e ogni partecipante ha portato con sé un oggetto significativo, importante per la propria storia. Ognuno poi col solo ausilio della luce di una candela, dentro la tenda, ha fotografato un oggetto scelto fra quelli portati dagli altri, dopo ognuno era libero di mostrare o meno la sua foto alle altre persone.
Il 4° laboratorio avrebbe potuto intitolarsi “Cos’è classico”. Fausto ha introdotto il concetto di classico, ci si è poi confrontati su questo, infine ognuno ha potuto scegliere come mettersi in posa in un set fotografico per farsi fotografare.
Nel 5° laboratorio Sara Vallucci, una delle persone partecipanti ai laboratori, cui Fausto aveva parlato di Mondrian, ha raccontato agli altri un suo quadro. Solo attraverso la sua descrizione tutti insieme hanno ricreato il loro Mondrian, in un lavoro veramente corale e di gruppo. Il dipinto è diventato l’invito dell’evento.
Il 6° laboratorio è stato quello di chiusura ed è stato tenuto da Martina Vallesi. Il gruppo ha riflettuto sul suo percorso nella conoscenza l’uno dell’altro e sull’approccio con Fausto dall’inizio alla fine. Ognuno ha rivissuto la propria crescita personale come componente di un gruppo.
Nel corso dei laboratori tutti i partecipanti sono stati invitati a lasciare un segno con la matita sui tre quadri che sarebbero stati esposti la sera dell’evento.
Nel corso dei laboratori tutti i partecipanti sono stati invitati a lasciare un segno con la matita sui 3 quadri che sarebbero stati esposti la sera dell'evento.

LABORATORI CON I BAMBINI E UN LORO ADULTO DI RIFERIMENTO
LA SERATA DEL 6 AGOSTO

Dopo una introduzione nella quale ha innanzitutto ringraziato tutti i numerosi presenti, adulti e bambini, e le famiglie, fatto non scontato per un evento di arte contemporanea, Elisabetta Costantini ha iniziato a parlare del significato di Arte pubblica e Arte sociale, spiegando poi come si sarebbe svolta la serata.
Nel loggiato erano esposte 3 opere pittoriche realizzate da Fausto Olmelli e Claudia Galoni, le tele erano rivolte verso l’esterno, verso via Roma, all’interno del loggiato c’era il retro che andava firmato. Due giorni prima della sera dell’evento anche il Presidente della Regione Marche le aveva firmate. Poi, dopo questa azione, tutti sono stati invitati a dirigersi verso la splendida Piazza della Picassera.
Lungo la strada, a indicare il percorso, ci sarebbero stati i cinque pannelli realizzati dai bambini e ragazzi durante i laboratori, la creatività dei bambini in questo modo ha accompagnato i presenti fino alla piazza dove ci sarebbe stato il filmato delle foto fatte agli alberi del territorio, mentre un artista locale avrebbe suonato il suo violino.
Poi Elisabetta ha introdotto la curatrice Alessandra Mazzetti.
L'INTERVENTO DI ALESSANDRA MAZZETTI





"ogni uomo è un artista" Joseph Beuys
Partire da questa citazione e da Joseph Beuys è indispensabile per comprendere l’idea di fondo che ha messo in moto e portato alla realizzazione di questo progetto.
L’artista Joseph Beuys negli anni Ottanta del ‘900 nella cittadina tedesca di Kassel, in occasione della settima edizione della rassegna d’arte contemporanea Documenta, presentò la scultura sociale “7.000 querce”. Non una scultura nel senso tradizionale del termine, ma 7000 pietre di basalto, ognuna delle quali, versando una somma di denaro, poteva essere “adottata” e il ricavato
sarebbe servito per piantare una quercia. Un atto straordinario nella sua apparente semplicità e un messaggio di speranza per il futuro, solo tra centinaia di anni, infatti, questo bosco potrà dirsi compiuto. Ma, soprattutto, di fortissima attualità in un momento storico caratterizzato da una crescente attenzione al tema ecologista, visti anche la recente deforestazione amazzonica, gli incendi australiani e il disastro delle Dolomiti.
Elemento naturale dunque ma non solo, l’albero per tutta la storia dell’uomo è sempre stato caricato di numerose valenze simboliche, culturali e sociali. Una di queste, in questo progetto, acquista un significato profondo di connessione con il territorio e con la comunità che lo abita: la simbologia delle radici, come ritrovamento delle proprie origini familiari e comunitari nelle quali ognuno proietta se stesso e si riconosce, riconosce l’altro e recupera un sentimento d’appartenenza alla propria comunità. Queste radici saranno testimoniate, come pietre d’inciampo, dai cognomi di famiglie estinte sarnanesi proiettati tra le fotografie degli alberi, una sorta di grande albero genealogico che connette il passato con il momento presente e futuro per creare una memoria collettiva. Memoria che non si è mai in realtà del tutto persa, questi cognomi, infatti continuano a vivere e ad essere pronunciati da tutti noi inconsapevolmente, essi sono diventati gli appellativi di alcune delle nostre frazioni.
Esse inoltre sono il punto di partenza per un viaggio nell’arte italiana che iniziando dal Quattrocento arriva ai giorni nostri. L’impronta della poetica di Fausto Olmelli è forte nell’ideazione delle opere, c’è l’attenzione al disegno che accomuna tutta l’arte italiana, c’è una poetica e una spiritualità che partendo a Giotto, passando per Piero della Francesca e Beato Angelico e arrivando fono al novecentesco Carrà e al suo realismo magico fa della semplificazione delle forme cifra stilistica fondamentale. A una prima poco attenta analisi infatti vi potrà sembrare di vedere forme di infantile fattura, ma questo segno volutamente arcaico e forte spoglia dei suoi elementi figurativi per ritrovare una realtà altra, spirituale e simbolica.





In Piazza della Picassera
L'INTERVENTO CONCLUSIVO DI MARTINA VALLESI
Parrebbe che il protagonista dell’evento “Sul versante orientale dei monti sibillini: Sarnano dentro e fuori”, sia l’albero. Compagno del cammino dell’uomo, l’albero è uno dei grandi simboli della vita in perpetua evoluzione. Un’evoluzione ciclica, dalla nascita alla morte e, dalla morte alla rinascita.
In ascensione verso il cielo, l’albero mostra la sua verticalità, che dalle radici arriva alle fronde, passando per l’imponenza del fusto. La stessa verticalità che l’uomo, fisicamente, sperimenta attraverso il corpo nella relazione tra cielo e terra e, dunque, nella relazione tra corpo, anima e spirito.
Mediante il contatto con il terreno, l’uomo comprende che le proprie radici si estendono al di là della realtà visibile e percepibile e compie un passaggio, attraverso il corpo, in una nuova relazione con se stesso e con gli altri.
Ecco, dunque, che la verticalità non testimonia soltanto una posizione fisica esteriore ma riflette un vissuto interiore, proteso sempre verso la ricerca del
proprio sé e, finalizzato all’incontro dell’uomo con se stesso. Da questo viaggio interiore, dalle radici, l’uomo si proietta verso l’alto, verso il divenire, verso le aspirazioni e verso la socialità. L’uomo prende consapevolezza di sé e si protende verso l’altro; così, identificando l’altro, può riconosce se stesso in quel senso di appartenenza che è proprio di ciascuna comunità.
Parole chiave della serata, dunque, sono RADICI e COMUNITÀ.
Soltanto partendo dalle radici e dalla consapevolezza di sé, l’uomo è pronto per sperimentare la sua socialità. Altra parolina magica, quest’ultima! È sulla socialità, infatti, che Joseph Beuys impianta il suo concetto di arte… un’arte sociale.
Affermare che “ogni uomo è un’artista”, vuol dire permettere alla creatività, alle risorse che ognuno di noi reca in sé, di migliorare la nostra esistenza. E, se noi miglioriamo la nostra esistenza, la miglioriamo anche in relazione agli altri.
Con la creatività ognuno di noi può lasciare il segno. E di segni, ne sono stati lasciati tanti. Li abbiamo lasciati firmando le tavole dell’artista Fausto Olmelli, esposte al
Loggiato; li hanno lasciati gli autori delle foto degli alberi; li ha lasciati Sandro Miliucci nella sua ricerca dei cognomi delle famiglie che hanno abitato il nostro territorio; li hanno lasciati i bambini che si sono spesi a disegnare gli alberi posti lungo il percorso, mettendo la loro creatività a disposizione della comunità.
Da qui, dunque, il valore simbolico sociale dell’albero. Un albero che sotto quelle fronde protese verso l’infinito, verso l’altro… accoglie!!
Accoglie chiunque. Accoglie lo straniero. Accoglie il diverso. Accoglie la comunità. La comunità tutta! Con i suoi difetti, i suoi errori, i suoi sensi di colpa e, anche, con i suoi conflitti. Una comunità che parla e che si ascolta, sotto l’albero, nell’intento di mantenere saldi i legami sociali e quel senso di appartenenza che la contraddistingue.
Ecco, dunque, che il protagonista della serata non è l’albero, ma la comunità di Sarnano. Una comunità che, in questo evento, ha lasciato il primo segno; un segno da coltivare nel futuro, quale spinta verso quei legami sociali e quel senso di appartenenza di cui si è detto.